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Il mestiere del Cappellaio, dall'età dei Comuni alla progressiva meccanizzazione dei cappellifici.

Gli statuti delle “arti” ovvero le corporazioni che riunivano lavoratori e imprenditori della stessa professione sono i primi documenti riguardanti il mestiere del cappellaio. Siamo nell’età dei Comuni, la vita economica riprende dopo la crisi del Medioevo, l’organizzazione del lavoro si perfeziona, rifioriscono gli scambi commerciali. In Francia venivano riconosciuti gli chapeliers de fleur, de fautre e de paon per i cappelli piumati. Qui come in Italia i cappellai fanno inizialmente parte delle corporazioni dei lanaioli. Al 1280 risale il primo documento che attesta l’esistenza a Venezia di un’embrionale Unione Artigiana Cappellai, ma sarà nel periodo post-comunale, fra il Quattrocento e il Cinquecento, che si potrà assistere allo sviluppo di associazioni indipendenti. A Bologna attorno al 1425 troviamo i primi statuti ufficiali dell’Onorata Compagnia dei cappellai bolognesi, ma altre corporazioni sono documentate a Città di Castello, a Savona, a Palermo, a Mantova, a Brescia, a Cremona. Sarà nel 1742 che un medesimo statuto riunirà l’Universitas mercatorum biretorum e pilleorum.
La bottega del cappellaio era un patrimonio prezioso trasmesso in eredità dal padre al figlio unitamente al marchio e all’insegna. Il mastro cappellaio del ‘700, come tutti i depositari di un sapere pratico che si esprime in manufatti costantemente perfezionati, capolavori di ingegno e di manualità, è circondato da un’aura di rispetto. Conoscitore di una materia quasi impalpabile, cangiante, dalle mille varietà, il pelo, plasma e crea l’opera con l’acqua e il fuoco, elementi mitici e simbolici. La dimestichezza con sostanze chimiche dai nomi arcani e dal terribile potere tossico (il campaccio, il vetriolo, l’arsenico) ne fanno un personaggio misterioso. Segreta è l’operazione chimica sul pelo, senza la quale questo materiale rimane inerte, inadatto ai fini dell’impiego nella lavorazione del cappello1
La ventata libertaria che percorre l’Europa con la rivoluzione francese segna la fine del corporativismo che legava padroni e operai in una stessa associazione. A Milano e a Monza nel 1787 nascono le prime Camere di commercio in sostituzione delle corporazioni. I maestri cappellai si fanno più intraprendenti, cominciano a viaggiare soprattutto in Francia. Nel 1873 nascono a Torino i primi laboratori capaci di creare feltri pregiati. Monza diviene un importante centro di produzione ed esportazione di cappelli di lana. In Italia come in Francia si costituisce la Universale Società dei cappellai che riunisce i lavoratori del settore in un patto di “amore e fratellanza”.
Tra il Settecento e l’Ottocento nascono i Pii Istituti in cui le pratiche religiose si uniscono all’insegnamento del mestiere del cappellaio: quelli di Torino, di Milano, di Monza si affiancano all’Università Lavoranti Cappellari sorta a Roma nel 1757. La seconda metà dell’Ottocento è caratterizzata dalla progressiva meccanizzazione dei cappellifici e parallelamente dalla strenua difesa della propria professionalità da parte dei maestri cappellai minacciati dall’automazione. Nascono le Società di Mutuo Soccorso per i lavoratori del settore mentre gli imprenditori creano l’Unione Fabbricanti di cappelli.